venerdì 7 settembre 2007

Intolerance

Intolerance: Love's Struggle Throughout the Ages, di David Wark Griffith (1916) Con Mae Marsh, Robert Harron, F. A. Turner, Sam De Grasse, Walter Long... Musica: Carl Davis (1989) Fotografia: G. W. Bitzer (163 minuti) Rating IMDb: 8.1
Giuliano
Un innocente è stato condannato a morte, e la sentenza sta per essere eseguita. In realtà, il condannato è appena stato graziato, ma per una serie di intoppi non è possibile comunicare direttamente con il penitenziario, così comincia la corsa contro il tempo. Arriverà, prima che sia troppo tardi, l’automobile che porta la salvezza?
Sembra una trama familiare, e chissà quante volte è già stata raccontata. E’ la sequenza finale di “Intolerance” di David Wark Griffith, una delle pietre miliari del cinema. Siamo nel 1916, e Griffith ha già alle spalle un altro capolavoro, il primo vero film moderno, “Nascita di una nazione”. Era l’epoca in cui si circolavano solo film brevi, le comiche di Charlot o i rulli di quindici minuti con la rapina al treno. Ma Griffith pensava in grande, e girava i kolossal. Non era l’unico: in Italia, a Torino, c’era già un’industria fiorente; ed è del 1914 il leggendario “Cabiria” di Giovanni Pastrone; ma con Griffith si tratta, in sostanza, della nascita di Hollywood.
“Intolerance” è un film ad episodi, che ha per tema, appunto l’intolleranza in tutte le sue forme; ha un sottotitolo che recita “Love’s struggle through the Ages” , la lotta dell’Amore attraverso i secoli, ed è scritto da Anita Loos e Frank E. Woods. Gli episodi sono quattro: tre di ambiente storico e uno moderno (il moderno del 1918, naturalmente: ma vale ancora per oggi).

Gli episodi storici rappresentano l’antica Babilonia, la strage degli Ugonotti, e la Passione di Cristo. L’episodio moderno segue le vicende di una ragazza di buona famiglia, figlia di onesti lavoratori, chiamata “Little Dear One” (la piccola cara), attraverso il suo percorso di vita: rimane orfana, sposa un operaio, il marito viene coinvolto in traffici oscuri ma è innocente, fino al lieto fine che raccontavo all’inizio. Se si fa la tara sulla recitazione d’epoca, e sul pesantissimo trucco degli attori (retaggio della derivazione teatrale, ancora fresca all’epoca), è un film che può ancora stupire, e che ha segnato molto tutto il cinema che ne è seguito, compreso quello di oggi. La resa degli episodi in costume, per esempio, è notevole; e Griffith era davvero un maestro nel muovere le masse, così che le scene di battaglia appaiono ancora oggi emozionanti, sia sotto le mura di Babilonia che nel vecchio West di “Nascita di una nazione”.
Il film inizia e si conclude con una citazione da Walt Whitman, il tema della culla: « Out of the cradle endlessly rocking...», da “Leaves of grass” (Foglie d’erba). Whitman era morto da poco più di vent’anni, nel 1892, ed era quindi da considerarsi come un contemporaneo. La giovane donna che muove la culla della Storia è Lillian Gish, che rappresenta la Madre Eterna. Constance Talmadge è la Ragazza della Montagna, la fiera “Mountain Girl” dell’episodio Babilonia, ma anche Margherita di Valois tra gli Ugonotti. Margery Wilson è Brown Eyes, la ragazza dagli occhi castani, e negli Ugonotti è la fidanzata di Prosper Latour. Mae Marsh è Little Dear One, e il suo sposo è Robert Harron; la velocissima macchina da corsa che permette di salvarlo porta il numero 8.
Lawrence Griffith, Granville Hicks, Granville Warwick, Capt. Victor Marier, Irene Sinclair, Roy Sinclair, Gaston de Tolianac sono tutti pseudonimi usati nei suoi film da David Wark Griffith, secondo quanto racconta IMDb: è un particolare che mi incuriosisce, bisognerà tornarci sopra.

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